Voi, animali da vetrina

Signore e Signori,
vi annuncio che io mi sono stancato.
E voi direte “E allora?! Dove sarebbe la novità?”
Ma è proprio questo il punto: non c’è niente di nuovo nel dire che si è stanchi.
Ma stanchi di cosa?
Di far tutto, persino di vivere.
Purtroppo non mi considero neanche unico nel mio genere: la stanchezza di vivere è patologico della nostra società.
L’uomo selvaggio poteva essere sazio della sua vita perché cacciava e si procurava il cibo, conosceva i propri arnesi e la sua vita; l’uomo di oggi può essere solo esausto di trascinarsi in corridoi di un edificio che non conosce.

Il nostro girovagare ci pare senza senso; quante volte ci chiediamo “Ma perché sono qui?” “Chi me l’ha fatto fare?
E questo viaggio insensato, tra le altre cose, non è neanche eterno “polvere eravamo e polvere ritorneremo”. La morte acquista un non-senso che ci attanaglia la gola. A questo punto, però, è inutile essere felici della vita essendo anche questa un continuo girare di eliche senza che il vento soffi.

Cosa resta se la società ci ha spento anche l’ultima luce in questo corridoio? Beh, restiamo noi.
Siamo senza un’anima ma abbiamo un corpo, anzi noi siamo un corpo.
E qui si spiegano tutte le ore che passate in palestra, perché l’obesità sia un male stigmatizzato, il lifting sia come fare un giro di giostra e soprattutto che sui social network dobbiate mettervi in posa e truccarvi come cagne affamate per ricevere apprezzamenti con il quale vi cibate; nessuno vi ha ancora detto che non si vive d’aria, purtroppo.

Pensate al mio sconforto quando aprendo Facebook vedo voi in foto. Animali in vetrina che tirano fuori la lingua per fare tenerezza. Con le vostre foto non fate altro che rimarcare l’annullamento del senso della vita spiegato sopra.
Se le vostre pose davanti ad una macchina fotografica sono un obbiettivo per voi fondamentale, mi spiace, ci siete cascati. Non siete originali, non siete alternativi, non siete belli, non siete fashion.
Voi, semplicemente, non siete.

Arrivederci care signore e cari signori,
mi spiace se vi ho spento l’unica luce che avevate in questa vita. Ma non preoccupatevi, con il flash delle vostre macchine illuminerete il cammino fino a un metro di distanza da voi; lo spazio che vi serve per vivere altri mille anni.

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