Ingenue riflessioni

Seduto su una distesa di prato verde, a giocare con le formiche, a legare i gambi delle margherite al dito per vederlo impallidire. Guarda il cielo, è così azzurro che sembra vero, il vento è così lieve, come il tuo stesso respiro.
Sì, il respiro: quello che si interrompe quando sei in barca con tuo zio e stai a poppa ad ascoltare quanto sa cantare bene il mare. E ti sorgono in mente le onde piccole, quelle grosse, il blu senza fondo. Le lenze e le squame argentee dei pesci che hai pescato con le dita tutte piene di ami, non sei esperto e lo zio ne ride di questo e ti prende in giro; ma lo sai che ti ammira, che gli fa piacere di averti lì.

Fa piacere a lui come a te piaceva quando andavi a casa del cugino a costruire tende con le candide lenzuola della zia che sorrideva e baciava le vostre piccole dita con unghie così minute da sembrare timide di crescere, quanto ti somigliano quelle unghie!
Fingevi di dormire nel letto per poi svegliarti e chiedere al caro nonno di raccontanti un’altra fiaba, ignorando la favola più bella: le fresche coperte sul tuo minuto corpo e la calda e venosa mano del nonno sulla tua testa.
Quella mano la cerchi ancora in ogni gialla velatura delle foglie di autunno, mentre il vento le fa cadere ai tuoi piedi, sorridendoti. La presenza della sua barba ispida e canuta la ritrovi nei muri di strada e il suo amore lo ritrovi nel’odore di muffa del suo studio, così affollato di presenze.

“Ricky sei sempre più addormentato!”
E apri senza volerlo gli occhi e ti ritrovi davanti al solito foglio bianco con “Nome, Cognome e Data”. Addormenta il bambino, alla società servono uomini; e così, purtroppo, scriverai le nozioni che ti hanno insegnato al posso di farci un disegno genialmente semplice.